La convergenza di No NATO e NO TTIP

31.10.2014 10:59

 

Articolo n. 1  - La convergenza di No Nato e No TTIP (11 ottobre 2014)

 

La convergenza di antimilitaristi ed alter-global sta - obiettivamente - nella necessità comune di contrastare una logica da modello di sviluppo "occidentale" (militarista, crescitista, ecocida, tecnocratico, comunque generatore di oppressione e di iniquità) al carro dell'Impero guida americano. La NATO, di questa logica, è un pilastro in quanto strumento della politica statunitense contraddistinto dallo scopo, rispetto all'Europa, di "installare gli americani dentro, custodire i tedeschi sotto e tenere i russi fuori".

La NATO non è, se vogliamo essere aderenti alla realtà, il "poliziotto del mondo" perché ha una competenza relativamente limitata: l'Europa ed il suo "Fianco Sud", che comprende "l'area geostrategica che si estende unitariamente dallo Stretto di Gibilterra fino al Mar Nero, collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno d'Africa e il Golfo Persico".

La proiezione esterna oggi vede un ulteriore allargamento con il coinvolgimento nel quadro AF-PAQ che guarda alla regione Asia/Pacifico (e quindi tocca India e Cina). La bussola della logica

imperiale americana è indicata benissimo nella “Defence Planning Guidance”: "Il nostro primo obiettivo è impedire che qualsiasi potenza domini una regione le cui risorse sarebbero sufficienti a generale una potenza globale". Il “primato militare” ha come fratello gemello il “primato economico”, espresso dal dollaro come riconosciuta moneta internazionale (concretizzata dall'uso del biglietto verde quale di mezzo di pagamento in primo luogo nelle transazioni energetiche).

La NATO, grazie all' art. 5 del Patto Atlantico, deve reagire "come un sol uomo" ad ogni attacco  armato proveniente dall'esterno contro uno dei suoi Paesi membri. Ma anche "difendere gli interessi vitali", che sono "la disponibilità delle fonti e vie di rifornimento dei prodotti energetici e strategici". La crisi Ucraina conferma questa centralità geopolitica dell'energia ed è usata per erigere un nuovo Muro tra Europa e Russia, che ostacoli l'unificazione politica e ridimensioni la concorrenza economica della UE, sostituendo

la dipendenza energetica dell'Europa dalla Russia con quella dagli USA. Ed ecco che in questo contesto si inserisce la vicenda TTIP, un "mercato comune transaltantico" che dovrebbe rafforzare l'influenza statunitense sull'economia europea. Il negoziato, al momento segreto, sul commercio e gli investimenti tra USA e UE ha contenuti comunque diffusi pubblicamente che rappresentano un tentativo di ulteriore erosione delle garanzie conquistate in anni di lotte sociali dal punto di vista del diritto del lavoro, dei diritti umani, della tutela ambientale, della sicurezza alimentare, degli istituti democratici.

Governi, grandi imprese e lobbies economiche provano così, con l’alibi di una omogeneizzazione delle normative, a disegnare un quadro di pesante deregolamentazione il cui obiettivo principale non saranno tanto le barriere tariffarie, già abbastanza basse, ma quelle non tariffarie, che riguardano gli standard di sicurezza e di qualità di aspetti sostanziali della vita di tutti i cittadini: l’alimentazione, l’istruzione e la cultura, i servizi sanitari, i servizi sociali, le tutele e la sicurezza sul lavoro. Se il Trattato dovesse essere approvato, saranno i cittadini e l’ambiente a farne principalmente le spese in un processo che porterà alla progressiva mercificazione di servizi pubblici e di beni comuni.

La tenaglia quindi si chiude, contro il diritto ed i diritti dei popoli, tra stretta economica e stretta militare. La logica del gioco della potenza e del profitto finanziario ci porta necessariamente, grazie anche alla NATO, al riarmo, anche atomico, ad un surplus di militarizzazione, all'"obiettivo" del 2% almeno del PIL in spese militari, a coinvolgimenti più massicci in vecchi e nuovi conflitti, a scenari sempre più pericolosi di potenze nucleari che si guardano in cagnesco.

Come uscire dalla NATO  evitando che ci trascini in una Terza Guerra Mondiale non più "a pezzetti"? Una ipotesi da percorrere  è che la “denuclearizzazione”  possa risultare il grimaldello più efficace, in particolare nell'Italia dei movimenti diffusi, reduci dalla grande vittoria popolare dei referendum del 2011. Questa via dovrebbe essere affiancata da tutte le lotte popolari contro le basi militari, in particolare contro le basi e le installazioni straniere: la loro chiusura comporterebbe uscire, di fatto, "alla maniera francese" dalla NATO

quale organizzazione militare integrata. La lotta per il disarmo nucleare ha una grande carica culturale ed  è una priorità strategica, quella contro le servitù militari mobilita le popolazioni in una immediata resistenza contro la violenza più diretta e avvertibile imposta sui territori: è nella convergenza di questi due percorsi, che già fu realizzata dal lancio di due leggi di iniziativa popolare nel 2008 (quella per un futuro senza atomiche e quella sui trattati e sulle basi militari), che possiamo sperare di organizzare una mobilitazione capace di pensionare un blocco militare "fossile" (in tutti sensi). Ma bisogna anche collegarsi alla necessità di un’ alternativa economica ed energetica: una nuova politica di pace europea deve indicare soluzioni strutturali per una società strutturalmente pacifica. In questo senso dobbiamo rifiutare la "dittatura finanziaria" (è l'invito del partigiano \b St\'e9phane Hessel in "INDIGNATEVI!") , i Grandi Fratelli telematici, gli OGM, le energie nucleari e fossili, le Grandi

Opere Inutili, per promuovere, insieme a Stop TTIP ed alter-global, a sindacati conflittuali e di base, a No -TAV e No-TRIV, etc, la conversione ecologica dell'economia, che costituisce una strada praticabile già oggi con successo e comunque obbligata per gli sfruttati ed oppressi che si battono per la sopravvivenza di tutti e per vivere tutti con dignità umana.